Aradeo Scacchi

Scuola Scacchi Circolo Alekhine

da: "Scacchi attrazione immortale"

 

Nelle ultime lunghe e difficili giornate un libro mi ha fatto compagnia: “Scacchi attrazione immortale – Riflessioni e interviste di celebrità attorno al gioco dei re” di Anania Casale (editore Aliberti Freestyle).

Come dice il titolo stesso, l’autore ha raccolto una serie di interviste ad alcuni personaggi famosi sugli Scacchi. Io vi riporto parti di alcune, riguardanti soprattutto l’insegnamento degli Scacchi ai più giovani e nelle scuole, magari qualche dirigente scolastico potrebbe fare proprie queste considerazioni…


v  Intervista a Flavio Oreglio – pag. 29

[…] secondo lei gli Scacchi possono avere valori educativi?

Sì. Il primo è l’etica cavalleresca che dovrebbe sempre guidare il gioco. […] L’altro insegnamento deriva dal celebre aneddoto che racconta la nascita del gioco. Il saggio che lo inventò volle dimostrare al suo sovrano che un Re senza l’aiuto dei pezzi, cioè dei sudditi, è debole e vulnerabile. Che tutti devono collaborare, per quanto lo consentano le loro forze, in vista di un obiettivo comune. Ma temo tanto che questa lezione ai nostri tempi non sia più compresa…

 

v  Intervista a Paolo Maurensig – pag. 68-69

Ma lei cosa direbbe ad una persona per convincerla ad interessarsi di Scacchi?

Per prima cosa aspetterei almeno che ci fosse una richiesta, magari tacita, perché se non si sente un bisogno intimo, profondo, non vale la pena indurre qualcuno ad applicarsi a questa attività. Però indubbiamente suggerirei ai genitori di bambini piccoli di insegnare loro le regole.

Per quale motivo?

Molti dicono che allenano la mente, ed è certamente vero, anche se sappiamo per esperienza che tanti bravissimi giocatori non sono in grado di applicare, nella vita reale, le capacità di ragionamento che l rendono così forti sulla scacchiera. Io direi piuttosto che gli Scacchi accendono la mente.

In che senso?

Tutti noi, nel nostro cervello, abbiamo delle stanze buie. Ebbene gli Scacchi, al pari della musica, o della letteratura, accendono una sorta di lampadina che può consentire di gettare uno sguardo su questi recessi segreti. Chi non ha mai provato a giocare dovrà rinunciare per sempre ad esplorare quelle stanze.

 

v  Intervista a Ivano Brugnetti – pag. 78

Ha due bambine, ancora molto piccole. Le piacerebbe che, prima o poi, iniziassero a giocare?

Certo. Credo che gli Scacchi siano educativi e per molte ragioni. Prima di tutto abituano a calcolare e quindi ad imparare meglio la Matematica e, in generale, ad ottenere buoni risultati scolastici. Poi insegnano a sviluppare le capacità di elaborazione mentale. Infine, abituano a competere con gli altri, ma senza ricorrere a trucchi o scappatoie.

 

v  Intervista a Roberto Vecchioni – pag. 111-112

Lei è stato insegnante di liceo per una vita. Secondo lei gli Scacchi hanno un valore didattico?

Sì. È da una vita che sostengo che la scuola non è tanto importante per le nozioni che trasmette, ma per le capacità che dà, la logica che insegna, la possibilità che offre di uscire dai luoghi comuni, fornendo una base su cui accendere dei link che ti permettano di trasferire le conoscenze da un settore all’altro del sapere. La vera differenza è tra un’educazione “aperta”,che ti offre tutto questo, e un’educazione “chiusa”, fatta solo di informazioni. Gli Scacchi per me andrebbero insegnati fin dalle elementari, perché danno una maggiore intensità a quella che ho definito come educazione aperta. […]

 

v  Intervista a Neri Marcorè – pag. 133-134

(Riguardo lo sviluppo del gioco nei vari paesi del mondo in questi ultimi anni) Diffondendo gli Scacchi tra i bambini?

In tutte le scuole. Servirebbe ad avere giovani generazioni diverse e migliori. Chissà che la Grande riforma di cui si parla, l’autentica rivoluzione culturale da tanti auspicata, non parta da un gambetto.

A proposito, lei ha presentato per anni un programma di divulgazione molto seguito, che ha contribuito alla diffusione della cultura letteraria soprattutto tra i giovani. Sarebbe disposto a fare lo stesso con gli Scacchi?

In parte l’ho già fatto, in più di una puntata ho fatto giocare le scolaresche ospiti con libri incentrarti sul gioco. Ma sarei assolutamente favorevole a condurre un programma interamente dedicato agli Scacchi. Anche se temo che lo manderebbero in onda alle tre di mattina, subito dopo le lezioni di algebra.

 

v  Intervista a Piero Angela – pag. 162-163-164

Da divulgatore, ed esperto di scienza, che cosa pensa della funzione didattica degli Scacchi?

Sono da sempre un grande sostenitore dell’introduzione del gioco nelle scuole. Bisognerebbe fare come in Venezuela negli anni Settanta, quando gli Scacchi diventarono materia obbligatoria fin dalla terza elementare.

Per quale motivo?

Perché gli Scacchi insegnano una serie di abilità indispensabili a capire il mondo che ci circonda, utili soprattutto alle menti in formazione.

Ad esempio?

La prima è la più evidente: il mondo moderno è un sistema composto di elementi che interagiscono tra loro, e una variazione che interessa uno solo di questi elementi influenza tutto l’insieme. Gli Scacchi ne sono una metafora perfetta: il movimento di un pezzo non riguarda solo lui, ma cambia tutta la posizione in modo radicale, e noi dobbiamo cercare di capire come e perché. Ogni mossa, insomma, ha delle conseguenza anche nascoste. […] Nel mondo d’oggi tutto si tiene, proprio come su una scacchiera. E questo è solo il primo insegnamento del gioco.

Il secondo?

Ci si abitua a cogliere la distinzione tra breve termine e lungo termine. Ad esempio, catturare un pezzo nell’immediato può portarci in vantaggio di materiale, ma turba inevitabilmente l’equilibrio che c’era sulla scacchiera, con conseguenze a lungo termine che dobbiamo valutare con attenzione quando, per l’appunto, ci viene offerto un sacrificio. Il gioco ci insegna quindi ad applicare l’intelligenza alla creatività, all’immaginazione, alla simulazione di scenari futuri.

 

v  Intervista a Marina Brunello – pag.176-177-178-179

Pensi che, al di là del fatto che ti prendono tempo, gli Scacchi possano migliorare il rendimento scolastico?

Credo di sì. Giocando alleno moltissimo la memoria, e quindi rispetto ai miei compagni ricordo meglio le lezioni. E poi mi sono accorta che i collegamenti razionali riescono in modo più semplice e veloce. E questo è molto utile in materie come la storia dove, più che le date e i singoli episodi, si tratta di comprendere le dinamiche degli eventi. […]

[…] Perché in Italia le donne giocano così poco?

[…] Di certo non è un gioco semplice e, soprattutto, non è diffuso nelle scuole. […]

Hai detto che gli Scacchi sono utili nella carriera scolastica. Ma li consideri utili anche per la tua crescita personale?

La prima cosa che mi viene in mente è che gli Scacchi sono un ambente più solidale di tanti altri. Ci si trova tutti insieme, siamo tutti uguali e sottoposti alle stesse regole: le condizioni di partenza sono identiche per tutti. E viene spontaneo aiutarsi, solidarizzare, ritrovarsi insieme. Poi insegnano la disciplina.

In che senso?

Ti insegnano a misurare le forze e a gestire i comportamenti, perché chi gioca ad alti livelli sa perfettamente che non può fare le cinque di mattina in discoteca e poi giocare bene il giorno successivo. Bisogna avere regole e orari. E poi ci vuole anche il rispetto assoluto degli avversari. Ancora una cosa: gli Scacchi insegnano a non barare.

 

 

Per finire, vi riporto una domanda che intimamente tutti gli scacchisti italiani si pongono e a cui tutti darebbero una propria personale risposta, ma alla fine rimane sempre dell’amaro in bocca:

Dall’intervista a Gianluigi Melega – pag. 99-100

Una domanda finale: l’Italia non è mai stata in prima fila negli Scacchi per campioni e praticanti. C’è qualcosa nel gioco che contrasta in qualche modo con il nostro carattere nazionale?

Può darsi. Gli Scacchi richiedono una particolare combinazione di caratteristiche psicologiche: bisogna coniugare la concretezza con l’astrazione, l’intelligenza geometrica con l’inventiva. Ma l’invenzione non può mai esulare dalle regole imposte dal gioco. Chi accetta la disciplina degli Scacchi, accetta anche una visione disciplinata della propria esistenza. Gli italiani forse si sentono ingabbiati in queste forme rigorose, hanno una visione più romantica di sé stessi, si sentono chiamati a compiere imprese fuori dal comune e, qualche volta, fuori dalle regole.

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